1. Il primo Principio Vitale: lo stato mentale meditativo o il non-fare della meditazione

Il primo degli Otto Principi Vitali è lo stato mentale meditativo o il non-fare della meditazione. È lo stato d’animo del silenzio interiore, la matrice su cui poggia tutto il resto, nonché il collante che tiene tutto insieme. Non è uno stato d’animo che arriva alla fine di tutte le altre pratiche come ‘ricompensa’, ma è il punto di partenza per ciò che viene dopo. Senza lo stato mentale meditativo gli altri principi perdono il loro significato più profondo.

Lo stato mentale meditativo non equivale alla meditazione.

La meditazione è qualcosa che “fai” e implica stare in un certo luogo per un certo periodo di tempo e di solito in una certa postura. È una “attività”.

Lo stato mentale meditativo non è legato al luogo, all’attività, alla postura o al tempo. Non è qualcosa che si fa, ma qualcosa in cui ci si trova.

Ci sono molte scuole che insegnano la meditazione come tecnica per ottenere qualcosa. In queste tecniche c’è concentrazione, esclusione, pratica e il passare del tempo, con un obiettivo finale. Lo stato mentale meditativo non è una tecnica. È uno stato dell’essere. Non c’è niente da guadagnare.

Negli yoga sutra di Patanjali i primi tre sutra sono:

  1. ‘Atha yoganushasanam’, che significa ‘ora parleremo di yoga’.
  2. ‘Yogas citta vritti nirodhah’.
  3. ‘Tada drashtuh svarupe avasthanam’, che significa ‘allora il Veggente resta solo’.

Dobbiamo ricordare che il sanscrito è una lingua indoeuropea, quindi dobbiamo scavare per trovare le parole latino-europee.

Prendendo il secondo sutra, troviamo alcune parole interessanti. Vritti è una parola che ritorna ripetutamente nelle asana: pari-vritta trikonasana, pari-vritta sirsasana e così via. Dove lo troviamo nella lingua latino-europea? In italiano abbiamo la parola ‘ruota’. In inglese abbiamo la parola ‘vortex’, in tedesco ‘rad’, che significa ‘ruota’. Quindi ‘vritta’ è una ruota, qualcosa di rotondo che ruota. ‘Ni’ è sempre una negazione, e poi abbiamo di nuovo ‘rodhah’, di nuovo il vortice, il ‘rodeo’, la rotazione.

Così possiamo leggere il secondo sutra: “Lo yoga è quando le rotazioni (vritti) della mente (citta) smettono di ruotare (nirodhah).

Poi arriva la vera rivelazione: ‘Tada drashtuh svarupe avasthanam ‘: Allora il Veggente sta nella sua forma, da solo.:

  • tada = poi, a quel tempo
  • drashtuh = il veggente (dalla radice drsh, che significa vedere. È interessante notare che Patanjali non sta cercando di definire chi è il Veggente, o la natura di quel Veggente. (A ciò può essere risposta solo l’esperienza diretta.)
  • svarupe = nella sua forma; (sva = proprio; rupa = forma)
  • avasthanam = riposo, in piedi. La radice stha significa stare in piedi

Più avanti afferma che quando ciò accade, quando la mente è ferma e sta solo osservando, è come un lago tranquillo che riflette solo ciò che è lì. Non dice che va fatto in un certo momento in un certo luogo e in una certa postura. Semplicemente lo è, ovunque e in ogni momento. Questo è lo stato mentale meditativo. È ciò che Patanjali chiama il Veggente.

Guardiamo sempre le cose, il mondo e noi stessi, ‘riconoscendo’ il mondo e noi stessi. Noi siamo l’osservatore, e il mondo è l’osservato, e nel mezzo sta l’atto dell’osservazione.

E se togliamo l’osservatore e l’osservato? Cosa rimane?.

Solo l’atto dell’osservazione, senza l’osservatore e senza l’osservato.

Questo è lo stato mentale meditativo.

Diciamo che guardo un albero. Ci sono due modi di guardare. Uno sta guardando e l’altro sta vedendo. Sono due cose completamente diverse.

Osservando l’albero si provocano ‘danni’  all’albero.

Perché?

Perché io ‘so’ cos’è, lo ‘riconosco’. Ho visto milioni di alberi in passato, ne riconosco uno quando ne vedo uno.

Per ‘riconoscere’ l’albero, (dal latino: ‘riconoscere’ richiamare alla mente, conoscere di nuovo (ri-“di nuovo” + cognoscere “conoscere”), in realtà non vediamo l’albero reale di fronte a noi, ma siamo impegnati a immergerci nella memoria di tutti gli alberi che abbiamo visto in passato, a nominarlo come albero, a decidere se “mi piace” o “non mi piace”.

Quindi il povero albero viene lasciato da solo, in tutto il suo splendore, senza un osservatore, mentre lo nominiamo e lo confrontiamo con altri alberi che abbiamo visto in passato, “riconoscendolo”.

Facciamo lo stesso con le persone, con tutto. Noi non vediamo mai le cose come sono in questo momento. Vediamo solo il ricordo di quelle cose, le idee accumulate che abbiamo su quelle cose, le simpatie o le antipatie. In altre parole, vediamo tutto attraverso lo schermo delle parole.

Panta Rhei ‘ in greco antico significa “tutto scorre”. Il termine è noto come parte della filosofia di Eraclito, un filosofo greco della fine del VI secolo a.C. Disse “nessun uomo fa mai un passo nella stesso fiume due volte, perché non è lo stesso fiume e lui non è lo stesso uomo”. Noi e tutto il resto siamo in Movimento Costante (panta rhei), cambiamento costante, o meglio, tutto si crea costantemente di momento in momento.

Con questo Eraclito vuol dire che non possiamo mai avere la stessa esperienza due volte, poiché tutto è soggetto a continua e inesorabile mutazione, mutamento, fluire, fluire ancora e ancora e ancora…..

Che c’entra con l’albero? L’albero davanti a me non l’avevo mai visto in vita mia. Impossibile. L’albero, da millisecondo a millisecondo cambia, una foglia gira così, un ramo si muove, niente resta com’è: pantha rhei, ma pensandoci, nominandolo, vedendo la mia memoria, non vedo l’albero come è ora, mentre si sta svolgendo… Vedo solo il passato, mai ciò che è nel momento attuale ORA. Diciamo che la mia mente è piena di vrittis, di parole e descrizioni..

Questo è ciò che chiamiamo guardare. Guardare è “uccidere” l’albero con i nostri ricordi, le nostre idee, le nostre simpatie e antipatie.

Un altro modo è vedere. Nel vedere la mente non ha mai visto l’oggetto davanti a sé prima. È l’occhio libero dalla memoria, dal giudizio e dal linguaggio.

Quindi vedere è quando guardi qualcosa e non lo riconosci, non paragonarlo a qualcosa che hai visto in passato. Il che non significa che la tua mente sia vuota. Al contrario, è estremamente viva, consapevole, presta totale attenzione a ciò che sta di fronte, ma senza rovinarlo, senza confrontarlo con qualcos’altro, senza corromperlo.

Questo è chiamato stato d’animo meditativo o attenzione totale.

Come lo applichiamo nella nostra pratica yoga.

Nello stato mentale meditativo o attenzione totale la mente è completamente occupata dal movimento del momento. Come dice il buddista Zen: “Quando mangi, mangia, quando dormi, dormi”. Non ci sono pensieri o distrazioni.

È la mente che fa qualcosa per la prima volta, anche se l’ha già fatto mille volte in passato.

Cosa significa questo?.

Ogni movimento che fai è la prima volta che lo fai, ogni asana che fai è la prima volta che lo fai. Non c’è alcun riferimento ad altre volte in passato in cui hai fatto questo movimento, questo asana, non c’è “ri-conoscenza”. “Riconoscere” significa sapere di nuovo, quindi si riferisce al passato, quando “conoscevi” questo movimento.

Invece nello stato mentale meditativo fai il movimento, l’asana, come se fosse la prima volta che lo fai, e quindi la mente è libera, fresca, innocente, curiosa.

Con la mente in questo modo, innocente e libera, l’esercizio fisico, l’asana, diventa una meditazione in azione.

Solo in questo stato d’animo può avvenire l’apprendimento.

In un video nella sezione ‘video’ di questo sito web ho spiegato che l’apprendimento non è un accumulo di ‘conoscenza’, ma una rottura ‘catastrofica’ con il passato, in cui tutto ciò che fai e vedi è completamente nuovo, mai visto o fatto prima. È quella rottura tra passato e futuro dove può accadere il nuovo, dove l’apprendimento prende ritmo, dopo di che non sei più lo stesso.

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