Parte seconda
Continua da Hara e il Nucleo Parte 1
Come ho spiegato nella prima parte, tutti i movimenti vengono eseguiti MOLTO lentamente, senza fretta o stress, partendo dal nucleo e con la massima attenzione per avere l’effetto desiderato. Questi esercizi per rinforzare il nucleo sono esercizi isometrici.
Un esercizio isometrico è una sorta di contrazione statica di uno o più muscoli.
La parola isometrica combina la parola greca isos, che significa uguale, e metria, che significa misura.
Gli esercizi isometrici sono eseguiti da muscoli antagonisti.
I muscoli antagonisti sono quei muscoli del corpo che si oppongono l’uno all’altro, dove un muscolo funziona come una “rottura” per l’altro, per impedire l’azione dell’altro.
In questa contrazione i muscoli antagonisti o opposti “lavorano” in egual misura: la lunghezza del muscolo e l’angolo particolare dell’articolazione che il muscolo copre cambia poco o per niente, o gradualmente. Questo perché un muscolo ‘rompe’ l’azione del suo antagonista.
Ad esempio: il bicipite del braccio, che flette (flette) il braccio, è l’antagonista del tricipite del braccio, che allunga (estende) il braccio, e viceversa. Oppure il bicipite della coscia, che piega (flette) la gamba, è l’antagonista del quadricipite, che allunga (estende) la gamba. I glutei sono gli antagonisti dei muscoli addominali e viceversa.
L’antagonista ‘rompe’ o blocca il movimento del muscolo che gli è opposto. Questo succede comunque. Il gomito non si chiude improvvisamente e bruscamente quando il bicipite si accorcia, ma si chiude con un certo controllo. Quel controllo viene dai tricipiti.
Negli esercizi isometrici questo controllo, questa rottura del movimento di un muscolo da parte di un altro, è accentuato. Il tricipite ‘spezza’ il movimento del bicipite in maniera esagerata, sembra non voglia che il bicipite faccia il suo lavoro. Qui ‘vince’ il bicipite, anche se con poco margine.
Tuttavia, in qualsiasi momento dell’esercizio, è possibile rendere uguali i due antagonisti, il che significa che entrambi “vincono”. Di conseguenza non c’è alcun movimento, solo una forte contrazione dei due muscoli antagonisti, o di un singolo muscolo.
Gli esercizi isometrici, a differenza degli esercizi isotonici in cui i muscoli sono in costante movimento, sono molto più precisi.
Per questo tipo di lavoro bisogna fare quattro cose:
- Eseguire i movimenti molto lentamente
- Eseguire i movimenti in espirazione
- Eseguire i movimenti con visione periferica
- Eseguire i movimenti con totale attenzione
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Visione periferica
Come esseri umani facciamo parte del regno degli animali, in particolare del regno dei mammiferi. Cos’è un mammifero? È quell’animale che partorisce vivo e dà latte ai suoi piccoli (mammella significa seno).
All’interno del gruppo dei mammiferi si possono distinguere due gruppi, quelli che si nutrono di carne: (i carnivori o predatori) e quelli che si nutrono di erba (i mangiatori di erba o animali da preda). Tra questi due c’è una terza categoria, le scimmie e i primati, che mangiano foglie e frutti, quindi anche loro sono animali da preda.
L’essere umano appartiene al gruppo dei primati (lo scimpanzé è il nostro cugino più prossimo).
Ma con lo sviluppo del cervello occupiamo una situazione a metà: il nostro corpo è un animale da preda (una famosa frase in inglese dice: The Naked Ape, la scimmia nuda), ma il nostro cervello si è trasformato in quello di un predatore per mancanza di denti, artigli, zoccoli ecc. La storia dell’essere umano è segnata dal sangue e dalla violenza. Gli antichi romani dicevano: homo homini lupus est (l’essere umano è un lupo per l’essere umano)
Che il corpo è un animale da preda lo si vede da molte cose: sudiamo (i cani non sudano ma tirano fuori la lingua per rinfrescarsi ), possiamo piangere (i predatori non piangono), “succhiamo” liquidi mentre i predatori li leccano con la lingua, e così via.
Ma, come abbiamo detto prima, il nostro cervello è quello di un predatore. Questo lo si vede dalla storia dell’essere umano che è intrisa di sangue.
Se osserviamo gli occhi di un predatore e quelli di un animale da preda, si può notare che il predatore ha gli occhi sulla parte anteriore del muso, (concentrici), mentre gli animali da preda li hanno sul lato del muso (periferico).
Il predatore “sceglie” la sua preda, si concentra sulla preda, mentre l’animale da preda deve vedere a 360 gradi intorno per vedere dove si trova il predatore per poter fuggire. C’è una frase famosa che mi piace molto:
“Ogni mattina in Africa una gazzella si sveglia. Sa che deve superare il leone più veloce o verrà ucciso. Ogni mattina in Africa si sveglia un leone. Sa che deve correre più veloce della più lenta gazzella, o morirà di fame. Non importa se sei un leone o una gazzella: quando sorge il sole, è meglio che tu corra».
Christopher McDougall
L’essere umano, essendo ‘doppio’, sia preda che predatore, può guardare in due modi:
- Con ‘visione concentrica’ o la visione del predatore
- Con ‘visione periferica’ o la visione della preda
La visione concentrica ‘concentra’, calcola, pensa, programma, usa la programmazione e il pensiero di un cervello che può parlare ed è in contatto con il corpo fisico o annamaya kosha, è in contatto con la parte anteriore del corpo e può esaminare il corpo in pezzi, (spalle, ginocchia, ecc.).
La visione periferica ‘sente’, è intuitiva, a contatto con il pranamaya kosha, in particolare con la parte posteriore del corpo, non pensa, non parla, non fa programmi. È istintiva. Quando il cavallo si sente ‘minacciato’ scappa il più velocemente possibile senza analizzare la situazione, senza pensare, programmare. Funziona e basta. La visione periferica sente il pranamaya kosha, mentre la visione concentrica vede l’ annamaya kosha.
Noi umani possiamo vedere il mondo in entrambi i modi.
Gli occhi hanno una forma ovale, con un angolo interno (vicino al ponte del naso) e un angolo esterno (verso i lati del viso).
Con la visione concentrica l’energia dello sguardo passa attraverso gli angoli interni degli occhi; gli occhi sono vicini al ponte del naso e concentrati, scegliendo, possono vedere il corpo in pezzi separati. Un esempio moderno è qualcuno che lavora al computer o al cellulare.
Con la visione periferica l’energia dello sguardo passa attraverso gli angoli esterni degli occhi, sul lato del viso, con la sensazione che si allarghino. Non scelgono, ma “sentono” il corpo sottile o pranamaya kosha, il corpo non è diviso in pezzi per esaminare i dettagli. Non c’è dialogo ma si sente la parte posteriore del corpo fisico. Questo è il tipo di occhi che possiamo vedere sulle statue e sui dipinti di Buddha, e sulle statue e sui dipinti dell’antico Egitto, dove gli occhi sono a mandorla verso i lati.
Per imparare la tecnica di un esercizio bisogna prima usare la visione concentrica: bisogna imparare tutti i ‘pezzi’ dell’esercizio separatamente con il corpo fisico o annamaya kosha.
Quando si conoscono i dettagli bisogna fare un salto di qualità. Bisogna usare la visione periferica per sentire l’esercizio come un esercizio del pranamaya kosha, come un esercizio ‘olistico’, un esercizio spirituale (la parola ‘spiritus’ in latino significa aria).
“Occhi periferici”
Da ‘Discussioni con Epo-Na’
‘Puoi usare la tua visione periferica’, disse, ‘per captare i disturbi’. ‘Come?’, ho chiesto.
‘I miei occhi sono sul lato della mia faccia e guardano il nulla, quindi qualunque cosa salta fuori è un disturbo nel nulla che sto guardando, quindi me ne accorgo immediatamente. Noto tutto, perché i miei occhi hanno una visione panoramica del mondo, e il campo del mondo è il nulla. Quindi ogni nuovo elemento che entra in questo nulla, viene notato dai miei occhi panoramici. Provalo.
L’ho fatto.
È stato stupefacente. Ho visto tutto, e nello stesso tempo niente, e poi una mosca è volata via e ha fatto una piccola scia nel nulla che la mia retina ha subito colto.
‘Hai capito’, ha chiesto.
“Sì”, ho detto.
Rise, mi spinse all’indietro e galoppò via,
ridacchiando…
“Orecchie periferiche”
Da ‘Discussioni con Epo-Na’
‘Puoi fare la stessa cosa con le tue orecchie’, disse.
‘Gli animali umani hanno capito tutto al contrario. Si ascoltano i rumori».
‘Certo che lo facciamo’, ho detto, ‘tu no?
“No, ascoltiamo il silenzio.”
Ero perplessa. ‘Come puoi ascoltare il silenzio?’, ho chiesto.
‘Se ascolti un rumore’, disse Epo-Na, ‘tutti gli altri rumori scompaiono in sottofondo e hai solo molta confusione. D’altra parte, se ascolti il silenzio, allora qualsiasi rumore proveniente da qualsiasi direzione viene captato immediatamente dalle tue orecchie, perché disturba il silenzio‘.
Il silenzio è come un lago immobile e i rumori sono come sassi gettati nel lago. Se guardi un sassolino, non vedi tutti gli altri. Ma se, invece, guardi il lago, vedi tutti i sassi in una volta. Perché disturbano il lago, fanno increspature.’
Camminavamo in silenzio. E all’improvviso ho capito. Mentre ascoltavo il silenzio, potevo sentire un’allodola cantare da qualche parte nell’aria, e poi il debole suono delle onde che si infrangevano sulla riva, e tra un suono e l’altro c’era silenzio, profondo e insondabile. I suoni erano solo sassi sul lago del silenzio, e non avevano vita propria. Erano solo disturbi.
Ho anche capito che spetta a ogni individuo etichettare un suono piacevole o non carino, ma questa etichettatura è del tutto arbitraria. Un suono, bello o brutto che sia, in fondo è solo un disturbo dell’insondabile silenzio, un’increspatura sul lago.