La consapevolezza di cui voglio parlare non è quella degli “esperti” che si impara all’università, piuttosto è quella delle persone di buon senso che vive dentro di noi, a nostra insaputa. Essa ci viene insegnata dai comportamenti equilibrati di coloro che ne apprezzano i valori. In Oriente il saggio, in Occidente il santo: sono persone la cui condotta si ispira a principi e valori della tradizione, in genere religiosa. Valori tramandati quali la giustizia, la sincerità, il discernimento (cioè il distinguere il bene dal male). Salomone non chiede a Dio la ricchezza, bensì la sapienza per esercitare correttamente il suo compito di Re. Con la sapienza otterrà poi anche la sua immensa ricchezza. Il buon senso può essere evidenziato anche dalla filosofia di Socrate: la maieutica, cioè l’auto-educazione che consiste nell’aiutare l’interlocutore a trovare dentro di sé la verità per mezzo del dialogo. Anche in ogni tradizione popolare, obiettivo dell’educazione era la conoscenza del bene, la ricerca personale per giungere ad un comportamento corretto per una vita vissuta secondo giustizia. Consapevolezza o Sapienza, nella tradizione indiana, è rappresentata dal terzo occhio: l’occhio che vede. Posto al centro delle sopracciglia, questo occhio è il luogo della concentrazione per la meditazione e corrisponderebbe alla ghiandola pineale o epifisi. L’epifisi è una ghiandola endocrina del cervello dei vertebrati ed è collegata alle circostanti parti nervose per mezzo di fasci. Le sue cellule producono la melatonina che regola il ritmo sonno-veglia e un cattivo funzionamento ha un ruolo nella dipendenza da droghe e alcol. L’epifisi produce anche la molecola DMT, un neurotrasmettitore chiamato anche “la molecola di Dio“: si dice abbia la funziona di collegare il corpo con lo spirito e fa da ponte tra il mondo fisico e il mondo spirituale. Galeno è il primo a descriverla come a forma di pigna e pesante mezzo grammo. Nel feto è visibile nella prima settimana, fatto che coincide nella tradizione tibetana con la migrazione dell’anima nel corpo. La ritroviamo anche nelle raffigurazioni di Rha degli antichi egizi oppure in forma di pigna in opere spirituali in Vaticano o, ancora, nelle rappresentazioni del Buddha. Viene da chiedersi perché sia un’informazione tanto importante: a tale proposito una possibile risposta ci viene data da un racconto indiano che ritroviamo nel libro “Scopri la potenza dentro di te” di Eric Butterworth.
“Un tempo gli uomini erano degliDei, ma abusavano talmente tanto della loro divinità che Brahma,
capo degli Dei, decise di togliere loro la Potenza Divina e
nasconderla dove non l’avrebbero mai trovata.
Dove nasconderla divenne quindi il grande problema.
Quando gli Dei minori vennero chiamati a consiglio per valutare
questo problema, dissero:
“Seppelliremo la divinità dell’uomo in fondo
alla terra”.
Ma Brahma disse: “No, non basta, perchè l’uomo scaverà e
la troverà”.
Allora gli Dei dissero: “Bene, allora affonderemo la sua
divinità nell’oceano più profondo”.
Ma Brahma rispose ancora: “No,
perchè prima o poi l’uomo esplorerà le profondità di ogni oceano e la
riporterà in superficie”.
Allora gli dei minori conclusero: “Non sappiamo dove nasconderla, perchè sembra che non ci sia alcun posto sulla terra o nel mare dove l’uomo non potrebbe eventualmente raggiungerla”.
Allora Brahma disse: “Ecco cosa faremo con la divinità dell’uomo. La nasconderemo profondamente in lui stesso, perchè non
penserà mai di cercarla proprio lì”.
E da allora, conclude la leggenda,
l’uomo è andato su e giù per la terra, arrampicandosi, tuffandosi,
esplorando e scavando, per cercare qualcosa che invece aveva sempre
racchiusa in sè.”
PATRIZIA GREGORI – Presidente ICYA